giovedì 29 gennaio 2009

Le Extrasistoli

"Dottore, mi han detto che ho le extrasistoli. Che sarà mai?"
Il riscontro di extrasistoli (o battiti extra rispetto a quelli soliti) è abbastanza frequente.
Come è facile intuire, senza corrente un muscolo è come fosse morto, non si contrae e non può lavorare. Il cuore, come forse non sapete, a differenza degli altri muscoli non ha bisogno della corrente che riceve dai nervi, ma possiede un impianto elettrico tutto suo, che lo rende autonomo e del tutto diverso. In pratica la corrente per contrarsi se la fabbrica da solo, facendola scaturire automaticamente e ritmicamente da un punto ben preciso, che si chiama "nodo seno atriale". Pertanto, quando il ritmo del cuore è normale, è proprio per tal motivo che prende il nome di "ritmo sinusale".
E' da quel punto che parte la corrente, la quale attiva, nel tempo di meno di mezzo secondo, tutto il cuore, secondo una ordinata sequenza (prima gli atri e quindi i ventricoli), in maniera simile a un'onda elettrica (infatti si chiama "fronte d'onda").
Un'extrasistole è un battito che origina in una zona del cuore differente da quella normale, potendo infatti nascere da un qualsiasi punto del muscolo cardiaco, e da lì diffondersi a tutto il cuore, causandone un battito (sistole) anomalo.
Poichè originato da un sito differente, è anche in controtempo rispetto al battito normale atteso, causando quindi la classica sensazione di palpitazione. Analizzando (sul tracciato elettrocardiografico) la morfologia dell'extrasistole, un cardiologo esperto potrà individuarne anche il punto di origine, con buona approssimazione.
Per tali motivi, all'elettrocardiogramma, un'extrasistole si nota immediatamente per le due tipiche caratteristiche:
  • forma diversa dai complessi normali (più slargata e più ampia)
  • in anticipo rispetto al battito atteso (basta contare i quadratini della carta millimetrata)
Esistono due grandi tipi di extrasistoli: ventricolari quando originate nei ventricoli; sopraventricolari quando invece nascono negli atri.
Comportano rischi?
Rispondere a questa domanda in senso assoluto, è impossibile. I rischi sono legati tanto a particolari caratteristiche delle extrasistoli, quanto soprattutto alla tipologia di paziente: una stessa extrasistole può avere un ben diverso significato, a seconda che il paziente sia giovane, con cuore sano, o anziano cardiopatico.
Pertanto, le caratteristiche di pericolosità variano notevolmente da paziente a paziente.
E' comunque possibile identificare alcune caratteristiche che le rendono quantomeno minacciose: la precocità (quanto più vicine cadono al battito precedente, peggio è), la morfologia (quanto più larghe sono sul tracciato ecg, tanto peggio), la frequenza (un conto è averne 100 nelle 24 ore, cosa diversa è averne 10000/24h).
Caratteristicamente, non vi è alcun legame tra la gravità delle extrasistoli e i sintomi. Questi possono essere vari e descritti in modo fantasioso, anche se più spesso ciò che si avverte è la palpitazione, il senso di cuore in gola o il senso di battito mancante.
Ovviamente possono decorrere senza alcun sintomo, venendo riscontrate del tutto casualmente, magari per elettrocardiogrammi eseguiti per altre cause.
Qualcuno potrebbe dire: "vabbè ma non mi è chiara una cosa, perchè si parla di rischi? Rischio di che? che mi venga un infarto?" Questa domanda l'ho sentita tante volte in ambulatorio, pertanto è bene chiarire: l'infarto non c'entra proprio nulla, è una cosa totalmente differente, regolata da meccanismi ben diversi e facilitata da fumo, familiarità e colesterolo alto. Qui il rischio è di tutt'altra natura: se l'extrasistole dovesse essere "di quelle pericolose", già descritte, potrebbe innescare la tachicardia ventricolare (prima descritta anche lei), con conseguente possibile perdita di coscienza e morte improvvisa.
Quali le cause?
Pur potendo esserci cause molto differenti, spesso non vengono trovate (specie in giovani dal cuore definito sano).
Le cause classiche sono disfunzioni della tiroide, alterazioni elettrolitiche, stress psicofisico, ischemia, effetto di alcuni farmaci.

Molta attenzione va prestata alla ripetitività di tali aritmie: quando sono in rapida sequenza si ha una tachicardia (ventricolare o sopraventricolare), tanto più pericolosa quanto più rapida sarà la frequenza della tachicardia stessa, fino a causare una sincope (svenimento e perdita di coscienza).
Essenziale è, come già detto, il contesto: quelle di un paziente post infartuato sono considerate le più minacciose, potendo innescare, in certi casi, tachicardie ventricolari rapidamente fatali.
E' molto importante escludere alcune cause rare, talora molto rare, ma decisamente pericolose: prima fra tutte la cosidetta "displasia aritmogena o cardiopatia aritmogena del ventricolo destro", che comporta un rischio di morte aritmica non trascurabile, contro il quale spesso l'unica scelta è l'impianto di un defibrillatore.
Esami diagnostici indicati

Per una completa valutazione fondamentale rimane la registrazione Holter di 24 ore, la quale ci dirà quante e di che tipo sono, autentico dato di partenza. A giudizio del proprio cardiologo, tale esame può essere completato da una prova da sforzo e da un ecocardiogramma color Doppler. Eventuali ulteriori esami, di seconda istanza, potrebbero essere consigliati solo dopo l'esecuzione di tali tre, non invasivi.
Trattamento
Esistono molteplici farmaci antiaritmici, i quali possono contribuire a ridurre l'entità del problema. In tale campo però, bisogna fare i conti con gli effetti indesiderati di tale classe farmacologica, con un'efficacia non eccelsa e con la considerazione che, nel caso in cui il cuore sia altresì sano, non è detto che sia necessario comunque ricorrere ad un trattamento farmacologico: quando sono numericamente poco rilevanti e non sono state giudicate pericolose, si può non trattarle. Pertanto ricordate che il vostro cardiologo potrebbe anche dirvi "per il momento non è indicato prendere un farmaco" cosa che, tradotta in termini più prosaici, vorrebbe dire "... in altre parole ce le ha e se le tenga perchè potrebbe avere più svantaggi dall'assunzione del farmaco che non dal fastidio della palpitazione".
Solo in determinate circostanze, e dopo attenta valutazione da parte dell'equipe cardiologica alla quale vi sarete rivolti, è possibile considerare l'ipotesi interventistica, cioè l'ablazione trans caterere, di cui si è già parlato a proposito di altre aritmie

domenica 18 gennaio 2009

Il Test da Sforzo

E' uno tra gli esami cardiologici di base, pertanto è molto comune ed eseguito in tutti gli ospedali. Consiste nell'interpretare le modifiche dell'elettrocardiogramma indotte dallo sforzo, per ricercare segni di sofferenza cardiaca non presenti a riposo ma che uno sforzo fisico, per l'appunto, può smascherare. Il tipo di sforzo è molto semplice, si tratta di una pedalata su una cyclette o di una corsetta su una pedana mobile (tapis roulant), con un carico di lavoro crescente (la pendenza della salita virtuale aumenta ogni 2 minuti).
E' un test sicuro in quanto le possibilità che qualcosa possa andare storto sono estremamente ridotte (se il cardiologo che lo esegue è esperto).
Ad eseguire un test da sforzo ci si arriva per dare una risposta ad un dolore al torace, che ovviamente potrebbe essere anche non cardiaco, ma bisogna sempre escludere che invece lo sia (la cosiddetta angina di petto o pectoris).
Il test infatti ci permette di risolvere (non sempre) il quesito: c'è ischemia del cuore o no? Infatti, attraverso particolari modifiche del tracciato elettrocardiografico, non presenti a riposo ma indotte dallo sforzo, si documenterà la presenza di ischemia e quindi di malattia delle coronarie, da trattare in vario modo: mediante angioplastica, mediante by pass aortocoronarico, solo con terapia farmacologica.
Nel corso dell'esame si possono valutare anche altre cose, come il comportamento della pressione arteriosa che deve aumentare (senza però incorrere nella risposta ipertensiva allo sforzo), così come l'eventuale insorgenza di aritmie di varia natura, spesso da non sottovalutare.
L'accuratezza del test è buona ma non è elevatissima, esiste la possibilità che il risultato (positivo o negativo) debba essere confermato da ulteriori indagini, di secondo livello (pertanto più costose e più invasive), ma questi sono argomenti che competono al vostro cardiologo.
In linea di massima, nel caso di dolore toracico, se il test è negativo per la ricerca di "ridotta riserva coronarica" (sinonimo di ischemia del cuore, o miocardica) si può stare tranquilli, o meglio, si deve ricercare altrove la causa del sintomo.
Per concludere, l'esame non è adatto a tutti: alcune malattie (tra cui alcune stenosi aortiche o la cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva) impongono cautela; di contro, chi non dovesse riuscire a svolgere un sufficiente livello di sforzo (o assumesse farmaci che frenano la frequenza cardiaca, quali i beta bloccanti) eseguirebbe un test sottomassimale, pertanto meno valido e meno interpretabile (fino ad essere totalmente inutile, in certi casi)

domenica 11 gennaio 2009

Il Prolasso della Valvola Mitrale


E' una frequente anomalia di una delle valvole del cuore, la mitrale per l'appunto. In passato è stata chiamata in tanti modi, tra cui sindrome di Barlow o sindrome della valvola mitralica mixomatosa. E' una condizione che può provocare svariati disturbi, così come decorrere in maniera asintomatica ed essere scoperta solo occasionalmente, creando preoccupazione ingiustificata. E' preoccupante? Quali rischi si corrono? Quali accorgimenti o terapie? Vediamo
Che cos'è?
Per comprendere l'argomento è necessario sapere che cos'è la mitrale e che lavoro svolge.
La mitrale è una delle 4 valvole cardiache, così chiamata perchè somigliante al copricapo di alcuni religiosi.
La struttura della mitrale è molto complessa, essendo formata da due lembi, corde tendinee e muscoli papillari. Per i nostri scopi è sufficiente sapere che questo complesso apparato serve ad impedire che il sangue, spinto con molta forza dal ventricolo sinistro, refluisca all'indietro, cioè in atrio sinistro, consentendogli di andare solo avanti, cioè in aorta.
La forza (e conseguentemente la pressione) sviluppata dal ventricolo sinistro è notevole e corrisponde alla pressione massima registrata con il manicotto al braccio (sfigmomanometro). La mitrale si trova pertanto ad affrontare questa elevata pressione ad ogni battito, reagendo bene, finchè non c'è insufficienza. Quando invece l'insufficienza c'è vuol dire che una quota di sangue scappa, ritorna indietro in atrio sinistro. L'insufficienza, immediatamente visibile con l'ecocardiografia, può essere lieve (e talvolta quasi normale, trascurabile), fino a gravissima ed incompatibile con la vita.
Il prolasso si ha quando uno od entrambi i lembi della mitrale, essendo fatti da un tessuto che non è esattamente normale, resistono peggio alla spinta del sottostante ventricolo sinistro incurvandosi eccessivamente, sporgendo pertanto in atrio sinistro. Questa condizione può, secondo il grado e l'entità, determinare una chiusura imperfetta e pertanto causare un rigurgito di sangue in atrio sinistro (insufficienza) in genere di minima o lieve entità. E' più frequente nelle donne, specie nei soggetti longilinei o longitipo, per la frequente associazione anche con anomalie dello scheletro (ad esempio con la cosiddetta "schiena dritta", o di "pectus excavatum"). Frequentemente tale alterazione si ritrova nella stessa famiglia, essendo spesso geneticamente determinata.
Perchè?
Nei casi più lievi (che sono i più frequenti) questa condizione non è associata a nulla di sottostante. Nei casi meno lievi è possibile che la causa stia in anomalie congenite del tessuto connettivo, malattie rare come sindrome di Marfan, di Ehlers-Danlos, osteogenesis imperfecta, etc.
In ogni caso il problema sta nel tipo di tessuto con cui è formato lo strato intermedio della valvola (tessuto mixomatoso lasso), meno robusto e meno adatto a fronteggiare la forte spinta ventricolare, con conseguente incurvamento tale da portare, in certi casi, a insufficienza.
Sintomi
Il soggetto portatore di prolasso valvolare mitralico è tipicamente giovane, femmina, longilineo, magro. I sintomi possono essere molto diversi e "personalizzati". Nella maggior parte dei casi non ve ne sono, infatti il problema viene scoperto solo occasionalmente. In altri casi vi può essere facile faticabilità, palpitazioni (corrispondenti ad aritmie quantomai varie, dalle semplici extrasistoli fino alle tachicardie parossistiche sopraventricolari), un certo stato d'ansia, ipotensione ortostatica (quindi calo della pressione in piedi), raramente segni neurologici (che andrebbero però sempre confermati con valutazione specialistica e TAC o risonanza magnetica, a giudizio del neurologo).
Diagnosi
la diagnosi spetta al vostro cardiologo ecocardiografista, inutile trattarla qui. Sarà lui a dirvi, dopo aver eseguito l'ecocardiogramma, se il prolasso c'è, associato o meno a insufficienza mitralica.
I casi più importanti sono quelli con l'anatomia mitralica molto alterata, con valvola pertanto ispessita e insufficienza valvolare da moderata a severa. Da non sottovalutare le eventuali manifestazioni neurologiche quali TIA (attacchi ischemici cerebrali transitori), infarti cerebellari, amaurosi fugaci (improvvise alterazioni della vista).
Terapia e profilassi
La terapia è sintomatica: spesso vengono impiegati i beta bloccanti per limitare le palpitazioni e le aritmie; personalmente ritengo sempre più indicati i beta bloccanti cardioselettivi, non ultimo per le ridotte interferenze con l'apparato respiratorio.
Si dovrebbe sempre considerare l'aspirina, antiaggregante piastrinico, specie in caso di manifestazioni neurologiche sopradescritte.
La profilassi antibiotica, da attuare nel caso ci si debba sottoporre ad un intervento chirurgico anche banale come la pulizia dei denti (accertarsi sempre di non essere allergici a quel tipo di antibiotico) va sempre consigliata, specie nei casi con insufficienza valvolare. E' molto semplice da attuare, basta assumere un normale antibiotico in compresse (esiste un preciso schema in merito, con tipologie e dosaggi a seconda del tipo di intervento, fatevi consigliare dal vostro cardiologo) poco tempo prima del previsto intervento. In questo modo si riduce notevolmente il rischio di contrarre un'endocardite, evento estremamente temibile, talora mortale, a cui una mitrale prolassante potrebbe con più facilità andare incontro.
Conclusioni
Il prolasso mitralico è molto spesso una condizione benigna, che non dà sintomi, con la quale è possibile convivere avendo una qualità di vita normale, senza alcuna limitazione. I casi più gravi sono rari; per essi andranno intraprese differenti opzioni terapeutiche, fino a quella cardiochirurgica, nei casi più gravi.

martedì 6 gennaio 2009

La Fibrillazione Atriale

La fibrillazione atriale è un'aritmia cardiaca molto comune.
Si ha quando una parte del cuore (gli atri) non riesce più a contrarsi perchè l'attività elettrica è del tutto irregolare.
Aumenta con l'età e può essere cronica (stabile nel tempo), parossistica (brevi episodi che si risolvono da soli) o persistente (episodi prolungati, che richiedono cure mediche per essere interrotti). Perchè?
Alla base vi possono essere alterazioni delle valvole del cuore, malattie del muscolo cardiaco (miocarditi, cardiomiopatie), cardiopatie congenite, talvolta infarto miocardico o altri disturbi quali ipertensione, malattie della tiroide, embolia polmonare. Può inoltre essere dovuta all'assunzione di farmaci o di alcol.
Talvolta, specie nei giovani, una causa precisa non c'è (fibrillazione atriale idiopatica).
Cosa comporta
Il rischio principale è la formazione di coaguli all'interno dell'atrio (trombi). Finchè essi rimangono a livello atriale non vi sono conseguenze, però quando parti di essi (emboli) si staccano e vanno in circolo col sangue, possono causare gravi danni: embolia polmonare, ictus cerebrale), infarti intestinali o renali, ischemia acuta di un braccio o di una gamba.
Sintomi
Possono essere estremamente variabili. C'è chi non se ne accorge nemmeno, chi avverte palpitazioni rapide e durature. Altri ancora possono far fatica a respirare (dispnea), si sentono stanchi o accusano dolore toracico. Nei pazienti che già avevano altri problemi cardiaci, l'insorgenza della fibrillazione atriale è una complicanza seria, motivando talora un ricovero d'urgenza.
Come riconoscerla
Se accusate qualcuno dei sintomi precedentemente descritti, basta controllare il polso. Se fosse rapido e irregolare la diagnosi di fibrillazione atriale è molto probabile. Talvolta però il paziente non accusa nessun sintomo e quindi il riconoscimento dell'aritmia può avvenire casualmente, mediante elettrocardiogramma registrato per altri motivi, oppure in occasione di un ricovero per una complicanza della aritmia (ictus).
Cosa fare
Se la fibrillazione è iniziata da poco, diciamo da non più di 48 ore, si può ripristinare senza indugi il ritmo sinusale, perché la probabilità che si siano già formati trombi atriali è bassissima. E' quindi raccomandabile rivolgersi al più presto al Pronto Soccorso, almeno nei casi in cui ci si è accorti dell'inizio della aritmia.
Invece, in caso di riscontro occasionale (caso classico: elettrocardiogramma eseguito nell'ambito di controlli preoperatori, supponiamo per un'ernia inguinale) è necessario instaurare un'adeguata terapia anticoagulante per 3-4 settimane prima di tentare di ripristinare il ritmo sinusale.
Gli anticoagulanti si prendono in compresse, ogni giorno. Per sapere tutto bisogna andare qui
Quali sono le cure migliori?
Il primo accorgimento riguarda il controllo della frequenza cardiaca: se la fibrillazione atriale fa battere tutto il cuore in maniera veloce ed irregolare, alcuni farmaci possono ridurre la frequenza. Se il vostro cardiologo decide per riportare il cuore al ritmo normale (chiamato sinusale) lo può fare somministrando farmaci antiaritmici (cardioversione farmacologica), oppure ricorrendo ad una scossa elettrica mediante il defibrillatore (cardioversione elettrica).
Va precisato che la cardioversione elettrica è una procedura medica che richiede un ricovero, seppur breve, in quanto essendo la scossa elettrica dolorosa, si effettua dopo aver addormentato per qualche minuto il paziente, sotto controllo dell'anestesista
La cardioversione, tuttavia, non è una vera cura della fibrillazione atriale, infatti le recidive non sono rare; altri farmaci, detti antiaritmici, aiutano il mantenimento del normale ritmo.
Molti ospedali, prima di una cardioversione, sottopongono il paziente ad ecocardiogramma transesofageo (è un ecografia del cuore fatta con una sonda infilata in gola), che permette di visualizzare gli eventuali trombi a livello delle camere cardiache (non visualizzabili completamente con l'ecografia transtoracica). Se l'esame risulta nella norma, si può procedere direttamente alla cardioversione.
Se la o le cardioversioni falliscono (evento tutt'altro che raro) si può lasciare il paziente in fibrillazione atriale, con i farmaci adeguati e la terapia anticoagulante orale. Qualora la terapia anticoagulante orale venga ritenuta troppo rischiosa, in sua sostituzione si opterà per farmaci antiaggreganti.
Uno studio molto famoso, recente, ha documentato che non c'è differenza in termini di durata e qualità di vita fra una strategia di trattamento che cerchi di ripristinare e mantenere il ritmo sinusale e una in cui si lasci la fibrillazione atriale, mantenendo una buona anticoagulazione e controllando solo la frequenza cardiaca.
Ablazione
E' un argomento che merita un capitolo a parte, vista la complessità della procedura e le diverse tecniche adottate dai diversi Centri

Benvenuti

Cari lettori,

è bene presentarmi: sono un medico, specialista in cardiologia. Il mio nome preferisco non indicarlo qui, bensì nelle risposte alle vostre domande, usando l'indirizzo di posta elettronica qui accanto.

Questo blog è stato ideato per i pazienti, per tutti coloro che hanno avuto o hanno un problema al cuore e devono assumere una terapia quotidiana, per chi ha subìto un intervento, per chi ha un parente malato e vorrebbe sapere qualcosa di più.

Qui si troveranno spiegazioni, novità, aggiornamenti, da consultare ogniqualvolta ne abbiate voglia, per dare una lettura ai contenuti.

E' mia intenzione organizzare le informazioni sotto forma di brevi articoli, pubblicati periodicamente, ognuno dei quali tratterà un argomento di interesse cardiologico generale.

Ogni articolo avrà due caratteristiche principali:

  • stile semplice e comprensibile a tutti
  • possibilità di interagire ponendo domande precise

Mi impegno, nei limiti del tempo lasciatomi libero dalle mie restanti attività, a rispondere ad ogni quesito o dubbio, o chiarimento.

Spero che i miei scritti possano essere utili a più di un ammalato.

Buona lettura.