mercoledì 18 febbraio 2009

L'ecocardiogramma o Ecografia del cuore

L'ecografia del cuore si chiama ecocardiogramma, o in maniera più completa ecocardio color Doppler. Quanto le metodiche ecografiche siano utili lo sappiamo tutti, è ben fissa nell'immaginario collettivo una futura madre che si sottopone a ecografia del proprio grembo, visualizzando molti dettagli del nascituro. Allo stesso modo, gli ultrasuoni possono essere applicati al cuore, ricavandone informazioni essenziali. L'esame, del tutto innocuo, dura dai 15 ai 20 minuti, e consiste nel valutare immagini del cuore ottenute applicando sul torace una sonda, con interposto un po' di gel. L'operatore registra le immagini, generate da ultrasuoni, calcolando successivamente alcuni parametri in breve tempo, grazie agli algoritmi incorporati nella macchina stessa. Il principale parametro da valutare è la funzione contrattile. E' una stima delle capacità di contrazione dei due ventricoli, specie il sinistro, a cui è affidato il compito più gravoso. Per eseguire tale valutazione il cardiologo ricalca il contorno interno del ventricolo sinistro sullo schermo, prima in diastole quindi in sistole; il calcolatore incorporato nella macchina fornisce subito il valore percentuale complessivo di tale funzione contrattile, detto frazione di eiezione, che normalmente varia dal 55 al 65%. E' possibile che in certi casi questo valore sia più alto (cosa che non depone per un "superfunzionamento" del cuore, ma a destare la massima attenzione è la riduzione della frazione di eiezione, dato spesso presente nel post infarto o nello scompenso cardiaco. Se quanto appena detto vale per la funzione contrattile globale, particolarmente importate è la valutazione della funzione contrattile "segmentaria", cioè quanto e come si contrae ogni singolo "pezzettino" di ventricolo sinistro, in quanto le ischemie o gli infarti colpiscono caratteristicamente "a zona". Successivamente, grazie alla funzione Doppler, si valuta il funzionamento di ognuna delle quattro valvole cardiache: mitrale, aortica, polmonare e tricuspide. Per ognuna, a seconda del contesto clinico, si può valutare il grado di stenosi (cioè restringimento) o l'insufficienza, cioè quanto sangue quella data valvola lascia scappare, alterando il normale funzionamento cardiaco. Molto semplice è l'osservazione di un versamento pericardico, cioè la presenza di liquido tra il cuore e il pericardio (membrana sierosa che lo riveste), reperto abbastanza frequente, di cui si possono osservare le modifiche nel tempo. L'ecocardiogramma si rivela particolarmente utile nel campo delle cardiopatie congenite: tanto per seguire nel tempo i bambini operati, anche quando diventano adulti, quanto per identificare il più precocemente possibile l'esistenza di una cardiopatia congenita, cioè prima ancora che il bambino nasca (ecocardiografia fetale, esame molto specialistico che non tutti i cardiologi ecografisti sono in grado di eseguire)

sabato 7 febbraio 2009

La Stenosi Aortica

E' una diffusa malattia della valvola aortica, una delle quattro valvole del cuore.
La funzione normale di questa valvola, che si apre quando il ventricolo sinistro si contrae e spinge il sangue all'interno dell'arteria più grossa che si chiama aorta, è quella di impedire che il sangue, una volta spinto in aorta, refluisca indietro. Per far ciò si richiude istantaneamente dopo lo svuotamento del ventricolo sinistro.
La stenosi della valvola consiste in un restringimento di tale valvola, il cui diametro diventa tanto più ridotto quanto più grave è il grado di stenosi e quindi la gravità della malattia.
La prima cosa che ne consegue, è intuitivo, è che il ventricolo sinistro deve sviluppare molta più forza per spingere la quota di sangue, ad ogni battito, in aorta; un po' come soffiare all'interno di un ristretto buco.
Ciò causa un importante fenomeno che si chiama "gradiente": cioè una differenza di pressione tra l'interno del ventricolo sinistro e l'aorta, pressochè inesistente in condizioni normali.
Pertanto, se nel normale misuro una pressione arteriosa massima per esempio di 140 mmHg (basta misurarla col semplice manicotto intorno al braccio) all'arteria del braccio, uguale sarà quella che misureremmo all'interno del ventricolo sinistro.
Se invece ipotizzassimo una stenosi aortica che condiziona un gradiente... supponiamo di 30 mmHg, misureremmo sempre 140 al braccio, ma all'interno del ventricolo sinistro la pressione sarebbe di 170 mmHg (la realtà è un po' diversa, c'è un gradiente massimo e uno medio, ma concettualmente va bene così).
Il ventricolo sinistro a lungo andare ne soffre, si ispessisce (si chiama "ipertrofia") e può accusare gravi conseguenze, strettamente correlate ai sintomi
Chi colpisce?
Di stenosi aortiche ne esistono di diversi tipi, non è in questa sede il caso di approfondire. Quella di più frequente riscontro è di tipo degenerativo senile; è legata all'invecchiamento e al deposito di calcio sulla valvola, che pertanto diventa molto più rigida e meno "apribile" del normale.
L'anziano è pertanto il tipico soggetto con stenosi aortica, per quanto non sia la regola; non tutti i soggetti anziani manifestano la malattia.
Il sospetto, spesso concreto, nasce dalla semplice ascoltazione del cuore: un soffio sul focolaio aortico si percepisce con chiarezza, talvolta a coprire l'intera sistole (chiamato pertanto olosistolico), tipico di una stenosi aortica.
Attenzione: poichè i dati in Medicina vanno saputi analizzare e interpretare, non tutti i soffi aortici possono essere dovuti a una stenosi, non bisogna pertanto confondere la stenosi con la sclerosi aortica (aortosclerosi), anch'essa tipica dell'anziano ma innocua.
L'esame più semplice e utile per scoprirla è però l'ecografia del cuore (ecocardio), grazie al quale è possibile quantificare la gravità della malattia. Molto spesso il paziente si rivolge al cardiologo per capire e interpretare quanto trovato all'ecografia cardiaca, eseguita occasionalmente per controllo, o in occasione di qualche disturbo, che vedremo.
Sintomi
Non è detto che ci siano, può decorrere senza sintomi per molti anni. Quando ci sono, possono comprendere:
  • sincope sotto sforzo
  • angina pectoris (o di petto)
  • dispnea (o "fiato corto")
  • aritmie ventricolari maligne
Nei casi più gravi andrebbe sempre tenuta in considerazione la possibilità della morte improvvisa come conseguenza più grave della malattia, nonchè infarti miocardici, favoriti dal ridotto apporto di sangue attraverso le coronarie (magari già stenotiche e aterosclerotiche).
Cosa fare?
Generalizzare è impossibile. Esistono diversi livelli di gravità, è pertanto indispensabile la valutazione di un cardiologo.
Le informazioni da tenere presenti sono le seguenti.
Una terapia farmacologica non esiste. Non c'è alcun farmaco che possa far tornare la valvola ad aprirsi regolarmente. Esistono evidenze che le statine, cioè i farmaci per abbassare il colesterolo, possano contribuire a ridurre la progressione della malattia, ma nulla di più.
La terapia è pertanto chirurgica. Detto ciò, non necessariamente in tutti i casi si dovrà aprire il torace e sostituire chirurgicamente la valvola; esiste la possibilità (non tutti i centri hanno l'esperienza sufficiente) di una sostituzione della valvola per via percutanea, attraverso i vasi dell'inguine, senza necessità dell'intervento vero e proprio.
Particolarmente delicata è la questione del "timing", cioè quando avviare il paziente all'intervento. Se la scelta può sembrare facile in chi soffre e continua a soffrire di sintomi, molto meno facile può esserlo in caso di pazienti asintomatici, che stanno bene e non hanno intenzione di operarsi.
In tali casi è bene ricordare che, nei casi più gravi, la sopravvivenza media a 5 anni è ridotta, visto che complicanze maggiori sono sempre in agguato.
L'intervento chirurgico non è una passeggiata, ovviamente, nè sarà facile abituarsi al ticchettio della valvola metallica ad ogni battito, nè talvolta alla necessità di assumere farmaci anticoagulanti per tutta la vita. E' però l'unico modo per sopravvivere. Nei centri ad esperienza maggiore è possibile operare anche ottuagenari peraltro in buone condizioni, con buoni risultati post operatori.
Da non dimentacare la profilassi antibiotica