mercoledì 30 dicembre 2009

Lo Studio Elettrofisiologico


Tra gli esami cardiologici di routine, lo studio elettrofisiologico (abbreviato in SEF) non è certo tra i più frequenti. Consiste nella valutazione dell'intero impianto elettrico del cuore, eseguito mediante il posizionamento di sottili fili manovrabili (chiamati elettrocateteri), introdotti attraverso una o più piccole cannucce (chiamate introduttori) che vengono inserite nella vena dell'inguine, tramite puntura della stessa vena.
Questi elettrocateteri, avanzati lungo la vena fino al cuore, sono manovrabili dall'esterno, pertanto è possibile posizionarli (con l'aiuto dei raggi X) in punti strategici all'interno del cuore, al fine di registrare la corrente interna del cuore, cioè i potenziali elettrici endocavitari.
Essi sono infatti dotati di minuscoli elettrodi, grazie ai quali si registra l'attività elettrica cardiaca dopo collegamento ad un computer particolare, chiamato poligrafo. Oltre alla registrazione dei potenziali cardiaci, è possibile anche inviare al cuore determinati stimoli elettrici, al fine di capire qual è la suscettibilità a sviluppare aritmie potenzialmente maligne
Come si svolge?
il paziente rimane sveglio, in quanto non è necessaria anestesia generale (a seconda dello stato d'ansia si può somministrare un farmaco tranquillante, ma non è un'anestesia generale). Si pratica una anestesia locale all'inguine, quindi si punge la vena femorale per posizionare gli introduttori. L'intera fase, ad eccezione della puntura con ago piccolo iniziale per l'anestesia locale, non è dolorosa.
Attraverso gli introduttori si avanzano gli elettrocateteri fino al cuore, sotto controllo dei raggi X in continuo. In pochi minuti, posizionati i cateteri, comincia la procedura.
Vengono inviati al cuore (dalla punta di uno di tali cateteri) impulsi elettrici secondo criteri e protocolli stabiliti, per valutare come risponde il cuore.
Per semplificare, si inizia con un "treno" di 8 impulsi, l'ultimo dei quali viene sempre più anticipato rispetto agli altri: esempio, 8 impulsi distanti 600 millisecondi l'uno dall'altro, l'ultimo a 400 millisecondi. Si aspetta 2 secondi, quindi si riparte: 8 a 600 msec e l'ultimo a 380 msec; poi a 360 e così via.
Ad ogni impulso il cuore normale risponde con una contrazione; ad un certo punto l'ultimo battito sarà talmente anticipato da non far contrarre il cuore. In tal caso si dice che il cuore è refrattario, comportamento normale.
A tali "treni" di impulsi (non dolorosi, ovviamente) un cuore normale risponde in sostanza infischiandosene, cioè non sviluppando nessuna aritmia. Un cuore malato invece, immediatamente dopo la cessazione del treno di impulsi, può fare diversi scherzi, da qualche extrasistole, fino all'innesco e all'automantenimento di aritmie sostenute (cioè prolungate), decisamente minacciose per la vita, in certi casi.
Naturalmente, se si dovesse innescare l'aritmia più grave, cioè la fibrillazione ventricolare (rapidamente mortale), niente paura: è sempre pronto un defibrillatore esterno col quale si può immediatamente interrompere l'aritmia.
Quando è indicato?
Uno studio elettrofisiologico non è certo una procedura cardiologica abituale. Vi si ricorre solo dopo attenta valutazione, ed in genere si tratta sempre di casi in cui aritmie più o meno maligne siano già state documentate, all'ECG, all'Holter, o dopo episodi sincopali (cioè svenimenti, in termini più semplici)
La tipologia di paziente può però essere diversa. Vi può essere il paziente che ha già avuto un infarto, lo sportivo sano e giovane con un Holter pieno di extrasistoli di vario tipo, colui che ha accusato episodi di palpitazione per i quali gli esami cardiologici non invasivi (prima di tutto l'Holter) non hanno evidenziato nulla.
Il concetto-chiave è che se si decide di fare uno studio elettrofisiologico, ci si debbono attendere i potenziali risultati: se è negativo, tanto meglio. Se invece dovesse essere malauguratamente positivo (positivo per cosa? Naturalmente per la ricerca di aritmie maligne) si può tentare di
  1. ablare l'aritmia (cosa semplice a dirsi, molto meno semplice a farsi: mediante un catetere analogo a quelli dello studio elettrofisiologico, detto catetere ablatore, si crea una microscopica "lesione" all'interno del cuore, al fine di eliminare il punto da cui origina l'aritmia)
  2. impiantare un defibrillatore, cioè un dispositivo analogo ad un pacemaker, bensì molto più complesso, in grado di rilevare aritmie maligne e interromperle immediatamente con una scarica elettrica
Richiede ricovero?
Si, in generale il ricovero è di 3 giorni: primo giorno accertamenti, secondo giorno ci si sottopone allo studio, terzo giorno dimissione.
Possibili Complicanze
Talvolta, pur con le dovute attenzioni, è possibile creare una fistola arterovenosa, cioè un'anomala comunicazione in sede di puntura femorale (cioè all'inguine) tra l'arteria e la vena. Si può identificare con la ricerca del caratteristico soffio, per quando un ecoDoppler locale sia molto più preciso. In tal caso è necessario un intervento chirurgico per riparare la lesione (non sempre, ma spesso).
Altre complicanze ben più gravi, quali la perforazione del cuore, sono pur possibili per quanto, in mani esperte, estremamente rare.