sabato 7 marzo 2009

Il Cuore D'Atleta

Si tratta di un quadro molto particolare, dove i confini tra normalità e patologia si intrecciano, assumendo aspetti per certi versi paradossali.
Partiamo da una considerazione introduttiva: da un punto di vista strettamente cardiologico l'atleta fa storia a sè in quanto può presentare aspetti che, al di fuori di quel contesto, dovrebbero suggerire allarmi e conseguenti esami di approfondimento, invece talvolta non indicati nell'atleta stesso.
Il cuore d'atleta è l'esempio più classico.
Si tratta di una complessa serie di modifiche del cuore, non solo della componente muscolare ma anche di quella elettrica, finalizzate a garantire l'aumento di prestazioni richiesto, che talora può essere notevole.
L'aspetto principale, che racchiude in sè normalità e patologia, è l'ispessimento delle pareti del ventricolo sinistro. Come già detto tale quadro, se osservato in soggetti non atleti, configura una cardiopatia ipertrofica, malattia che può avere diversi livelli di gravità.
A tal proposito, una delle caratteristiche principali che distinguono la malattia dall'ipertrofia dell'atleta è l'entità dello spessore della parete posteriore del ventricolo sinistro, quasi mai superiore a 12 mm nell'atleta.
L'ipertrofia ventricolare sinistra non è l'unico aspetto peculiare del cuore d'atleta (esistono diverse tipologie di ipertrofia, a seconda del tipo di attività sportiva praticata): altrettanto tipica è la prevalenza del cosidetto "tono vagale", la cui conseguenza immediata è la bradicardia (frequenza a riposo inferiore a 60 b/min).
L'ipertono vagale, oltre alla bradicardia, provoca una spiccata tendenza alle aritmie ipocinetiche, cioè transitori arresti, pause, blocchi di conduzione, specie notturni, quando la frequenza può ulteriormente scendere a valori di allarme (al di sotto di 30-35 b/min).
E' possibile avvertire dei sintomi?
Argomento complesso. I sintomi, quando sono presenti, sono in genere aspecifici e più o meno correlati a quanto appena esposto. E' possibile pertanto accusare fugaci mancamenti (lipotimie o prelipotimie) dovuti tanto a ipotensione ortostatica nel passaggio brusco dalla posizione sdraiata a quella in piedi, quanto alla presenza di transitori arresti sinusali o blocchi di conduzione elettrica cardiaca a vari livelli, che però quasi mai sono gravi al punto da richiedere l'impianto di un pacemaker.
Esiste inoltre la possibilità che dolori al torace del tutto aspecifici, insorti per cause banali (raffreddamenti o "perfrigerazioni", malattie virali) possano lasciare il dubbio di ischemia cardiaca, viste le alterazioni elettrocardiografiche spesso presenti, dovute all'ipertrofia ma non del tutto distinguibili dall'ischemia miocardica.
In merito alla terapia, essa va valutata caso per caso. E' possibile però dare un'indicazione di carattere generale, valida nel caso in cui eventuali disturbi siano direttamente correlabili alla bradicardia marcata o all'ipertrofia ventricolare sinistra: in questi casi, dopo attenta valutazione cardiologica (supportata da esami strumentali) e medico-sportiva, si può ridurre (o sospendere per un periodo di tempo) il grado di allenamento, osservando quindi la risoluzione totale o parziale del problema