giovedì 2 giugno 2011

Il Defibrillatore Impiantabile

Il defibrillatore impiantabile, conosciuto con l'acronimo ICD (Implantable Cardioverter Defibrillator) è un vero e proprio dispositivo salvavita, ideato ormai decenni addietro, da un team di scienziati tra cui M. Mirowski, autentico pioniere della cardiologia interventistica, dalla storia personale avventurosa e travagliata, sfuggito alle persecuzioni naziste e rifugiatosi negli Stati Uniti.
L'idea in sé è semplice: inventare un dispositivo che riesca a fare, all'interno del corpo, ciò che il defibrillatore esterno (quello che tutti abbiamo visto nei film, quando un operatore applica le due piastre sul torace del paziente, dà la scossa elettrica, il paziente sobbalza e in un attimo torna a vivere) fa per l'appunto dall'esterno.
Detta così è semplice, la realtà è ben diversa.
In sintesi: un ICD è un dispositivo del tutto simile ad un pacemaker. Come il pacemaker sente  istante per istante se il cuore si contrae spontaneamente (cioè se c'è attività elettrica o meno), ed emette un impulso elettrico che fa contrarre il cuore solo quando si accorge che attività cardiaca spontanea non ce n'è.
Rispetto al pacemaker c'è però una differenza fondamentale: il dispositivo è in grado non solo di sentire se c'è una normale attività elettrica cardiaca, ma anche di capire se questa attività elettrica è fonte di guai, cioè se si sta verificando una aritmia potenzialmente minacciosa per la vita.
Chi ha letto il mio libro sa che l'attività elettrica del cuore non sempre va come deve andare. Un cuore malato può manifestare alterazioni del ritmo che fanno contrarre il cuore in maniera inefficace a spingere il sangue in circolo, causando la morte in pochi secondi. Tra queste aritmie, le due più temibili sono:
  • tachicardia ventricolare
  • fibrillazione ventricolare

Se si innesca una fibrillazione ventricolare l'attività elettrica cardiaca si disorganizza totalmente, il ventricolo sinistro non si contrae più in maniera ordinata, il sangue non circola più e la morte cerebrale sopraggiunge in qualche minuto.
Naturalmente in un cuore normale non si innesca una tale aritmia; invece, tanto più sfasciato è un cuore tanto più facilmente può innescarsi un qualcosa del genere, pertanto sarebbe estremamente utile avere un defibrillatore esterno (e un angelo custode che sappia usarlo e soccorrerci) ovunque: per strada, al lavoro, allo stadio, nelle piazze, negli autogrill, nelle spiagge ed in generale ovunque ci sia tanta gente. Questo è proprio ciò che si vorrebbe realizzare con i programmi di defibrillazione precoce sul territorio.
Però, quando un cuore è già malato, proprio perchè sarebbe impossibile avere un defibrillatore esterno ovunque (e poi ci vorrebbe qualcuno che un minimo lo sapesse usare) allora il defibrillatore va impiantato all'interno del corpo.
Visivamente è un po' più grosso di un pacemaker e si impianta esattamente come un pacemaker, pertanto vi rimando al mio libro o all'articolo su questo blog.
Le differenze stanno, come dicevo, nella capacità (una volta identificata, supponiamo, una fibrillazione ventricolare) di interrompere tale aritmia erogando uno shock elettrico.
Per fare ciò l'apparecchio ha al proprio interno dei condensatori. Identificata l'aritmia questi vengono caricati in qualche secondo, e un istante dopo parte la scarica elettrica. E qui sta la seconda grossa differenza col pacemaker: l'elettrocatetere, che volgarmente qualcuno chiama "cavetto".
Altro che cavetto. E' un sofisticatissimo filo elettrico avvolto da guaine biocompatibili, che a differenza di quello di un pacemaker possidede due grossi avvolgimenti metallici detti "coil di defibrillazione", uno distale (che deve essere tutto all'interno del ventricolo destro, all'atto dell'impianto) e uno prossimale che può essere posizionato in vena cava superiore. La corrente elettrica può attraversare il cuore e interrompere l'aritmia per l'appunto con un flusso che va da un coil all'altro, o in alternativa da un coil alla cassa del ICD, secondo sofisticati parametri programmabili.
I coil di defibrillazione sono immediatamente visibili ad una radiografia del torace, distinguendo immediatamente un pacemaker da un defibrillatore.
Un ICD è ovviamente un miracolo di ingegneria e di tecnologia, al punto che i cardiologi devono sempre avere il supporto di un team di ingegneri dedicati, con cui confrontarsi per ogni potenziale dubbio o malfunzionamento o ottimizzazione degli innumerevoli parametri programmabili.
E il paziente? Quando tutto fila liscio e non vi sono complicanze, il paziente ha una enorme sicurezza in più: quella di tornare ad una qualità di vita accettabile sapendo che l'apparecchio vigila incessantemente, intervenendo quando è il caso.
Nella realtà, si sa, talvolta le cose si complicano. La percezione del dolore è molto soggettiva, c'è chi percepisce la scossa elettrica e la descrive come un incubo, c'è chi invece ne parla come di un semplice fastidio. Di sicuro, se l'ntervento è stato appropriato, senza ICD quel cuore con quella aritmia si sarebbe fermato in pochi istanti, causando la morte del paziente.
Di rovesci della medaglia comunque ce ne sono diversi, non ultimo una certa sensibilità e delicatezza degli apparecchi a qualsiasi potenziale fonte esterna di disturbo, dai sistemi antitaccheggio dei negozi a taluni telefoni cellulari, saldatrici ad arco..... etc
Esistono inoltre delicate questioni di economia sanitaria, è innegabile che tali apparecchi abbiano un costo notevole, ovviamente in Italia a carico della collettività.
Resta il fatto che, dati scientifici alla mano, un ICD è in ambito cardiologico l'unico dispositivo realmente in grado di ridurre la mortalità in determinate classi di pazienti (in particolare coloro con la frazione di eiezione particolarmente ridotta, e pertanto ad alto rischio di eventi aritmici potenzialmente fatali).