

E' questo il caso di un pacemaker monocamerale, cioè fatto per una sola camera cardiaca (il ventricolo). Può anche essere bicamerale (atrio e ventricolo), avendo pertanto due elettrocateteri e algoritmi di funzionamento un po' più complessi.
COME FUNZIONA?
Un pacemaker è una specie di gioiellino tecnologico, dalla componentistica elettronica di solito estremamente affidabile, con una batteria di lunga durata (dai 6-7 ai 10 anni, circa), collegato (ormai lo sappiamo) ad un elettrocatetere.
Il pacemaker fa sostanzialmente due cose: sente quello che fa il cuore in ogni istante, e decide cosa fare di conseguenza.
Supponiamo che il cuore stia funzionando regolarmente da solo, battendo in tutta autonomia. Il pacemaker, attraverso l'elettrocatetere, riceve il segnale dell'attività elettrica cardiaca spontanea, battito dopo battito, giorno e notte (si parla di millesimi di volt), quindi sta zitto, in gergo si dice "inibito", non emette quindi alcuno stimolo.
Al contrario, nel momento in cui il cuore dovesse fermarsi, anche solo mancando un battito, tale assenza di attività elettrica viene percepita (si dice sentita, "sensed" in inglese) dal dispositivo, il quale emetterà prontamente un impulso elettrico la cui corrente, fuoriuscita dalla punta dell'elettrocatetere, è sufficiente a stimolare il cuore. Se il cuore non volesse proprio saperne allora il pacemaker lo stimolerà giorno e notte, secondo parametri e modalità che il cardiologo avrà programmato.
E' bene chiarire un punto chiave: il pacemaker, per quanto estremamente sofisticato, è solo un emettitore di un impulso elettrico, nient'altro.
Se il cuore è sano, tutto OK, ma se il cuore è malato di per sè, con una capacità di contrarsi molto scarsa (cosa che si ripercuote su tutto l'organismo, cioè quella condizione chiamata scompenso cardiaco) il pacemaker non potrà fare proprio nulla per alleviare le sofferenze del paziente (quindi è bene non attendersi dall'impianto di un pacemaker risultati che la macchina non potrà mai dare).
In nessun modo il pz si accorge del battito stimolato artificialmente, nè sono richieste particolari modifiche delle proprie abitudini di vita, si può continuare a fare quasi tutto quello che si faceva prima.
Esistono alcune precauzioni, ampiamente spiegate ai pazienti prima di procedere all'impianto.
Nella stragrande maggioranza dei casi l'elettronica, come detto, è affidabilissima, e i controlli annuali (che durano pochi minuti) filano via lisci.
Nel caso invece qualcosa non dovesse andare per il verso giusto... vediamo....
COMPLICANZE
Come ogni cosa che riguarda la Medicina, le complicanze correlate all'impianto e al funzionamento di un pacemaker esistono e sono entro certi limiti inevitabili, nel senso che possono accadere anche quando le cose sono fatte a regola d'arte.
Senza pretesa alcuna di elencarle dettagliatamente ed esaustivamente, vediamo cosa può andare storto all'atto dell'impianto.
Iniziamo subito a dire che, al giorno d'oggi, la parte elettronica del dispositivo non presenta praticamente mai dei malfunzionamenti; i problemi possono invece essere di altro tipo, di solito legati alla procedura chirurgica in sè.
Infatti, per quanto l'impianto sia una procedura chirurgica lieve e rapida (un'oretta nei casi più lunghi, sempre a paziente sveglio), è pur sempre chirurgica. Le infezioni, pertanto, sono sempre in agguato, specie in chi è per natura predisposto, come i diabetici.
L'infezione di tutto il sistema comporta un bel disagio per il paziente, con necessità di espianto di tutto il dispositivo infetto (e generalmente reimpianto dall'altro lato), con una cicatrice in sede di vecchio impianto.
C'è poi la possibilità di gravi complicanze legate alla puntura della succlavia (emotorace da puntura accidentale dell'arteria) o pneumotorace da perforazione dell'apice polmonare, entrambe risolvibili ma con notevoli disagi, talora cicatrici, tempi e convalescenze lunghi.
Quindi possono verificarsi complicanze del tutto imprevedibili, come l'aumento della soglia di stimolazione o la frattura dell'elettrocatetere.
La prima è una sorta di reazione tissutale dell'endocardio (il rivestimento più interno del cuore, dove si appoggia la punta del catetere) che rende molto difficoltoso il passaggio della corrente in quel punto, per cui è necessario aumentare sempre più la corrente erogata ad ogni battito, causando la scarica precoce di tutto il sistema; la seconda è la vera e propria rottura dell'elettrocatetere, causata talvolta dall'usura meccanica di questo "filo", dovuta ai movimento del braccio; talaltra causata dallo schiacciamento tra prima costa e clavicola con i movimenti del braccio.
E' intuitivo che se l'elettrocatetere dovesse spezzarsi si avrà il completo blocco di tutto il sistema (l'apparecchio non sente il cuore, quindi continuerà ad erogare impulsi, che però non raggiungeranno mai il cuore).
Naturalmente, un conto è gestire una qualsiasi complicanza in un paziente che NON è pacemaker-dipendente; altra cosa è gestire un malfunzionamento di un pacemaker impiantato in un paziente che invece è pacemaker-dipendente, la cui vita dipende dalla minuscola fonte di energia e dai circuiti elettronici del dispositivo.
Concluderei con una considerazione: le migliori aziende del mondo, in tale campo, nemmeno a dirlo, sono americane, e sono le più diffuse a livello mondiale.
Esistono poi ditte tedesche, francesi, italiane; per adesso non ho notizia di pazienti italiani con pacemaker cinesi.
Esistono poi ditte tedesche, francesi, italiane; per adesso non ho notizia di pazienti italiani con pacemaker cinesi.
Quello della marca può sembrare un dettaglio, è vero, ma tutt'altro che trascurabile.
Supponiamo foste dei vacanzieri giramondo: avere impiantato un pacemaker italiano ed essere finiti in pronto soccorso, che so, in Thailandia o negli Stati Uniti... potrebbe fare la differenza!
Eh si! Infatti, poichè ogni pacemaker si controlla mediante un programmatore (in pratica un computer attraverso cui il pacemaker dialoga), sarà necessario obbligatoriamente il programmatore di QUELLA marca, e nessun altro.
Detto questo, foste portatori di pacemaker e doveste partire per un soggiorno all'estero, conviene informarsi (magari chiamando la ditta produttrice) sul grado di diffusione della marca del vostro apparecchio in quel dato paese estero.... non si sa mai!