Chiunque sia stato sottoposto ad angioplastica coronarica, sia per curare un'angina che per un più complesso infarto miocardico, ha conosciuto di certo il clopidogrel, commercialmente noto come "Plavix".
Il pubblico si accorge anche di altre peculiari caratteristiche del farmaco: la seccatura del piano terapeutico (quel documento che consente di avere il farmaco gratis a chi ne ha diritto, visto l'alto costo) e la raccomandazione di assumerlo scrupolosamente (per un mese o per un anno almeno, a seconda del tipo di stent impiantato).
Questa caratteristica, un tempo poco nota, è stata via via chiarita (in buona parte), al punto da sintetizzare un nuovo farmaco, una sorta di evoluzione, appartenente alla stessa famiglia e chiamato prasugrel, già approvato negli Stati Uniti già dal 2009.
Si preannuncia un impiego su più vasta scala anche in Italia, come emerso dai lavori del 45° Congresso di Cardiologia dell'Ospedale Niguarda, attualmente in corso a Milano, che vede chi vi scrive tra gli iscritti.
Sarà però indispensabile analizzare le linee guida in merito (tornerò sull'argomento se qualcuno di voi lettori ne farà richiesta) e prescrivere il prasugrel quando effettivamente indicato, poichè è già nota (dagli studi preliminari) la maggiore tendenza al sanguinamento del prasugrel rispetto al clopidogrel