lunedì 2 giugno 2014

Tumore mammario e danni al cuore da radioterapia

Il tumore mammario è la patologia tumorale più frequente nelle donne. Ad oggi, grazie ai complessi protocolli di terapia, la sopravvivenza è migliorata rispetto a decenni addietro, per quanto rimanga ancora la seconda causa di morte nella popolazione femminile.
È il proprio oncologo che decide la terapia, scegliendo tre opzioni (variamente combinate): opzione chirurgica (intervento più o meno demolitivo), opzione chemioterapica (diversi chemioterapici in combinazione e con una tempistica di somministrazione ben precisa), opzione radioterapica (radiazioni concentrate sulla zona del tumore al fine di neutralizzare le cellule tumorali).
Da un punto di vista cardiologico abbiamo già affrontato l’argomento dei danni cardiaci che alcuni farmaci chemioterapici possono provocare, pertanto la domanda è: esiste un danno cardiaco da radiazioni irradiate sulla mammella (e quindi area cardiaca)? Ovviamente si (altrimenti non avrei scritto ciò che state leggendo), al punto che l’aumentata sopravvivenza dal tumore ha consentito l’emergere (negli anni successivi) di una cardiopatia da radiazioni (attinica), discretamente frequente.
Un primo punto fermo nelle evidenze cliniche, che ufficializzò ciò che diversi specialisti avevano osservato, fu pubblicato nel 2000: la famosa metanalisi su Lancet, dati alla mano, dimostrò che a 20 anni di distanza dal tumore, in termini di mortalità non vi erano importanti differenze tra chi era stato sottoposto o meno a radioterapia. Che vuol dire? Che chi fa la radioterapia dopo 20 anni non sarebbe morta di tumore bensì di complicanze cardiovascolari, mentre chi non l’avesse fatta dopo 20 anni molto probabilmente sarebbe morta per la ripresa del tumore. Quindi, a lunga distanza, nessun concreto vantaggio. 
Dati più recenti (sempre pubblicati sul prestigioso Lancet nel 2011) hanno in parte ridimensionato il problema, la mortalità a 15 anni è comunque migliorata, per quanto si conferma che chi è stato irradiato possa avere una morbilità (quindi complicanze e ospedalizzazioni) maggiore.
Pertanto, come possono le radiazioni danneggiare il cuore? La radioattività è un fenomeno naturale, per comprendere meglio il quale chiederete ai fisici. Per quello che è lo scopo di questo articolo, diciamo che viene sfruttata l’emissione di particelle radioattive, il cui fascio viene quanto possibile concentrato e mirato all’area che si vuole irradiare, col fine di neutralizzare eventuali cellule tumorali rimaste dopo un intervento di asportazione del tumore. Per quanto si riesca a gestire con precisione millimetrica la profondità di penetrazione del fascio di radiazioni, se non sufficientemente profondo si rischia l’inefficacia, mentre se deve essere efficace è inevitabile coinvolgere altre strutture, guarda caso il cuore, specie quando il tumore è nella mammella sinistra.
Il danno da radiazioni è ampiamente noto e studiato, vi sono stati autori che, fin dagli anni ’70, hanno documentato che qualsiasi struttura cardiaca può subire danno da radiazioni, pericardio, coronarie, valvole, miocardio. Quindi, al fine di diagnosticare per tempo qualsiasi potenziale complicanza cardiologica nel corso di una radioterapia, il follow up dovrebbe scaturire dalla collaborazione oncologo/cardiologo, cosa talora non immediata (specialisti in strutture diverse, tempi di attesa lunghi), mediante i consueti esami che il cardiologo riterrà indicati, quali ecocardiogramma, test da sforzo e se necessario (pensare all’ulteriore carico di radiazioni da esami radiologici) cardio TAC coronarica (se ne è già parlato).

Una cosa è certa: qualsiasi potenziale cardiopatia da radiazioni sarà più grave in presenza di condizioni predisponenti, quali fumo, colesterolo elevato, pressione non controllata, diabete e familiarità.