sabato 28 settembre 2013

Ultime Novità in tema di Pacemaker

si è appena concluso l'annuale congresso di cardiologia di Milano, organizzato dai cardiologi di Niguarda, un appuntamento nazionale ormai divenuto il più importante, insieme con quello romano che si tiene a dicembre. Si è discusso di tanti argomenti e sono state presentate molte ricerche, ma vorrei brevemente aggiornarvi sulle ultime novità in tema di pacemaker e defibrillatori.
La novità è grossa, perchè grazie ai progressi della tecnologia si raggiunge ciò che prima sembrava irraggiungibile: il pacemaker senza fili.
E' stato inventato, già sperimentato e testato, ma non ancora pienamente commercializzato: si tratta di un dispositivo che si impianta direttamente all'interno del ventricolo destro mediante un introduttore che viene inserito in vena femorale. 
Non più tasca che si può infettare, non più elettrocateteri che si possono fratturare o dislocare, non più ferite chirurgiche quindi, con vantaggi estetici. Ovviamente bisognerà valutare bene potenziali malfunzionamenti prima di partire su larga scala, si attenderanno pertanto i risultati di alcuni studi non ancora conclusi, primo fra tutti lo Studio Leadless, con 30 pazienti arruolati, i cui risultati preliminari sembrano promettenti.
Merita un breve cenno anche il defibrillatore impiantabile senza fili, già realtà dal punto di vista medico e commerciale, con la sperimentazione già conclusa, che semplifica molto la vita tanto a chi deve impiantare il dispositivo (non ci sono elettrocateteri dentro il cuore, ma solo sottocute, in regione ascellare) quanto al paziente stesso, riducendo le potenziali complicanze e malfunzionamenti, a patto però di selezionare bene il caso, in quanto tale dispositivo funziona solo come defibrillatore, non ha funzioni di pacing (e chi ha letto i miei precedenti scritti su tali argomenti sa di cosa sto parlando). 
Il progresso più eclatante però, a mio avviso, si avrà quando verranno commercializzati i nuovi dispositivi di registrazione e monitoraggio dell'elettrocardigramma a lungo termine: oggi sono già molto piccoli, ma bisogna sempre praticare un piccolissimo taglio (2 cm) sulla cute toracica; a breve avremo tali dispositivi molto più piccoli che verranno "iniettati" sottocute, e controlleranno non solo l'ECG ma anche diversi altri parametri, con possibilità di trasmissione a distanza dei dati, cose impensabili fino a qualche anno addietro. Ulteriori aggiornamenti non appena saranno conclusi gli studi preliminari

domenica 9 giugno 2013

Calcio coronarico e rischio cardiovascolare

Quando ci rivolgiamo ad uno specialista cardiologo, l’informazione più importante che vorremmo sapere è quella sul nostro futuro, cioè sulla prognosi, come si dice.
Nel caso di pazienti che non abbiano disturbi e che non abbiano mai avuto eventi cardiovascolari precedenti, il calcolo della probabilità di eventi futuri (come la possibilità di un intervento al cuore o un infarto, per esempio) si basa su quelli che sono i fattori di rischio cardiovascolare, valutati secondo apposite tabelle.
Queste tabelle derivano da studi epidemiologici, il più importate dei quali è lo studio di Framingham, autentico monumento della storia della medicina. Grazie a questo studio sappiamo che se uno ha una certa età, un certo colesterolo, una certa pressione, è fumatore o meno, e altri parametri, avrà una determinata probabilità di ammalarsi nei successivi 10 anni. Il rischio viene quindi diviso in basso (meno del 10% in 10 aa), intermedio (tra il 10 e il 20) e alto (superiore al 20, quindi 2% all’anno).
È però evidente che la stima, calcolata in tale modo, è approssimativa, specie per i pazienti a rischio intermedio. Esistono quindi ulteriori approfondimenti il cui esito, associato alla valutazione dei fattori di rischio, ci consente di precisare molto più accuratamente il rischio cardiovascolare futuro.
In un passato prossimo si è posta attenzione alla PCR (che è anche un indicatore di infiammazione) e al rapporto intima/media carotideo, calcolato mediante Doppler dei tronchi sovraortici.
Esiste oggi un indicatore ancora più accurato, rappresentato dalla quantità di calcio coronarico. Il calcio coronarico (CAC), cioè la stima di quanto calcio è depositato nelle coronarie, è un marcatore indipendente di rischio cardiovascolare, in quanto si trova solo in coronarie malate, è cioè patognomonico dell’aterosclerosi coronarica. Calcolarlo è semplice, con la TAC. Non è necessario il contrasto, e l’esame dura pochi secondi. Con un bassissimo assorbimento di radiazioni (con le macchine di ultima generazione) è possibile sapere quanto calcio c’è nelle proprie coronarie, e quindi sapere con buona precisione il rischio di andare incontro a guai cardiologici futuri.

Il calcolo del CAC score rappresenta una informazione molto utile per il vostro cardiologo, il quale potrà decidere (se aveste un elevato CAC score e foste del tutto asintomatici) di potenziare la terapia farmacologica o iniziarla de novo, in particolare in merito a controllo pressorio e colesterolemico.

domenica 3 marzo 2013

Misurare la pressione a casa: è utile o aumenta lo stress?


La pressione arteriosa, ne abbiamo parlato diverse volte, è la forza che il sangue, spinto dal cuore, esercita sulle pareti delle arterie, e quando è al di sopra dei valori considerati normali, si parla di ipertensione arteriosa. Secondo le più recenti linee guida sull’argomento, i valori a riposo non dovrebbero superare 140/90 mmHg, ma di fatto, se è ancora più bassa, tanto meglio.
La pressione alta (ipertensione arteriosa, per l’appunto), di solito non dà disturbi, quindi perchè curarla? Perchè a lungo andare crea danni e predispone a importanti malattie prima cerebrovascolari, ma anche cardiovascolari, e la letteratura scientifica in proposito è sterminata!
Viene misurata con appositi strumenti, detti sfigmomanometri (quelli che una volta avevano la colonnina di mercurio), mediante un bracciale da applicare al di sopra della piega del gomito. Come si procede per la rilevazione della pressione? Si gonfia il bracciale (in modo da superare la pressione che c’è all’interno dell’arteria brachiale e quindi comprimerla fino a bloccare il passaggio del sangue) e quindi lo si sgonfia piano piano, in modo da poter percepire con il fonendoscopio il battito del sangue che (essendo tornato a passare) batte contro la colonna di sangue che era rimasta a valle: il primo battito percepito è la pressione massima; si continua quindi a sgonfiare ascoltando sempre il battito, fino a non sentire più nulla: quella sarà la pressione minima. Fin qui la tecnica. Ci si chiede però: le misurazioni che posso fare al domicilio saranno altrettanto valide?
Certo che lo sono, e possono essere ottenute in due modi: o sottoponendosi ad un esame detto “monitoraggio della pressione per 24h o MAP” (che misura la pressione giorno e notte, valutando quindi se è presente il normale calo pressorio notturno o meno), oppure acquistando un misuratore elettronico di pressione, scartando quelli da polso e scegliendo invece un modello da applicare al braccio, come quello che si trova nell’ambulatorio medico, con la sola differenza che a misurare non c’è un medico o infermiere, bensì un apparecchio elettronico che gonfia, misura, registra e in certi casi stampa.
Questi dati saranno importanti per il vostro cardiologo, poichè si dovrà decidere se iniziare un trattamento farmacologico o meno basandosi quindi non solo su una singola misurazione ambulatoriale, peraltro quando notoriamente l’emotività può giocare brutti scherzi.
Spesso mi viene chiesto se il proprio apparecchio è valido. Il medico ovviamente non può sapere se le decine e decine di dispositivi sul mercato lo sono, ma può invece consigliarvi dove controllare: intanto il Ministero ci ricorda alcuni brevi consigli su come misurare (niente di nuovo, un breve stralcio delle linee guida della Società Europea dell’Ipertensione Arteriosa) che trovate qui:
http://www.salute.gov.it/dettaglio/pdPrimoPiano.jsp?id=185&sub=3&lang=it

mentre per sapere se il vostro apparecchio è una buggeratura oppure è validato da qualche società scientifica basta andare qui:

http://www.pressionearteriosa.net/site/page.wplus?ID_COUNT=strumenti&LN=1

oppure qui per chi sa due parole di inglese:
http://www.dableducational.org/sphygmomanometers/recommended_brand.html
Ricordate infine di fare ogni tanto un semplicissimo test per validare personalmente il vostro sfigmomanometro elettronico: portatevelo dietro in farmacia o dal medico, e fate una misurazione in contemporanea: vedrete se esiste uno scarto e di quanto è

domenica 27 gennaio 2013

ABC della coronarografia

Supponiamo che, dopo un iter più o meno complesso, il vostro cardiologo abbia posto indicazione ad una coronarografia. Di che si tratta? Vediamo i dettagli.
La coronarografia è l’esame che consente di visualizzare direttamente le coronarie, cioè le arterie che circondano il cuore (come una corona, da cui il nome). Poiché qualsiasi arteria contiene sangue, non è visibile ai raggi X; per visualizzarla occorre iniettare un liquido di contrasto, direttamente dentro la coronaria stessa, e quindi procedere ai raggi X. Tale operazione richiede un ricovero, per quanto breve, in quanto per iniettare il contrasto dentro la coronaria interessata bisogna farsi strada con un sottile catetere, a partire da una arteria periferica, che generalmente può essere quella dell’inguine (la femorale) o del braccio (brachiale o radiale).
Si punge (in anestesia locale) supponiamo la femorale, si inserisce a ritroso il catetere (ne esistono di diversi tipi, prendono il nome di chi li ha sperimentati per primo, Amplatz, Judkins, etc) fino al cuore risalendo tutta l’aorta, si localizzano gli imbocchi delle coronarie nel punto in cui l’aorta origina dal ventricolo sinistro, quindi si inietta il contrasto direttamente dentro la coronaria, tanto quella destra quanto quella sinistra che, come saprete di certo, nasce con un breve tronco comune per poi biforcarsi in due rami, discendente anteriore e circonflessa. La coronarografia è l’esame più accurato per la visualizzazione delle coronarie e delle loro stenosi, cioè restringimenti dovuti a placche di misura e composizione variabili, che limitando il diametro delle coronarie possono creare angina pectoris o, nei casi di trombosi acuta che si può sovrapporre su tali placche, infarto acuto. Dura non più di qualche minuto e non è dolorosa (anche se di certo fastidiosa, specie quando viene iniettato il contrasto), ma richiede comunque il ricovero perché la puntura di un’arteria è sempre una procedura per la quale è raccomandabile un controllo del pz nelle ore successive alla rimozione della cannula entro cui è stato fatto avanzare il catetere.
È evidente che se le coronarie sono “pulite” l’esame è già concluso in pochi minuiti; si rimuove tutto, si tampona ancora per qualche minuto con una compressione il punto in cui è stato introdotto il catetere femorale, il giorno dopo il pz va a casa. Invece, nel caso di lesioni coronariche di una certa gravità e di un certo tipo, si valuta come procedere: o direttamente alla dilatazione di tali restringimenti, procedura chiamata angioplastica (coronarica, in questo caso), che ovviamente è ben più complessa della semplice coronarografia (in quanto prevede, quasi sempre, l’impianto di uno stent, con una durata variabile da una ventina di minuti a circa un ora, oppure ad un intervento di cardiochirurgia chiamato bypass aortocoronarico, molto lungo e complesso che non è più di competenza dei cardiologi, bensì dei cardiochirurghi (con trasferimento del pz nell’unità di cardiochirurgia), e che qui non tratteremo in quanto già affrontato su queste pagine.
La valutazione del danno comincia anzitutto da un dato semplice: quante coronarie coinvolte? È questo un dato storicamente utile al cardiologo, al fine di prevedere i guai a cui quel cuore andrà incontro negli anni, come stabilito da un celebre studio di decenni addietro, il CASS (acronimo di Coronary Artery Surgery Study), grazie al quale sappiamo che se le coronarie colpite sono tutte e tre, la sopravvivenza a 12 aa non supera il 40%.
È poi evidente che anche la tipologia e localizzazione delle lesioni conta, al fine di procedere all’angioplastica o al bypass: una lesione prossimale è più grave di una distale, e quelle della coronaria discendente anteriore, specie se prossimali, sono le più gravi di tutte, senza contare le difficoltà tecniche legate ad angioplasticare e posizionare uno stent in un punto curvo o biforcato, difficoltà superabile con la tecnica del kissing balloon, che prevede il posizionamento di due stent nel ramo principale e secondario. Ci sono quindi molteplici dettagli prettamente tecnici che esulano dagli scopi di questo scritto, che un bravo cardiologo emodinamista tiene in conto nella scelta del tipo di procedura da svolgere e di stent da impiantare.
In conclusione, posto che una coronarografia la si fa quando ci si aspettano potenziali miglioramenti prognostici, quali sono i casi in cui è particolarmente indicata?
1.       Severa disfunzione ventricolare sn a riposo o da sforzo, con FE<35%, eco stress positivo
2.       Scintigrafia positiva per esteso difetto di perfusione
3.       Imaging coronarico (cardioTC) positivo per lesioni prossimali
4.       Test da sforzo positivo in pz asintomatico, ad alto rischio