lunedì 26 ottobre 2009

Colesterolo e malattie di cuore: parte seconda

Nell'articolo precedente avevamo affrontato i motivi che vedono il colesterolo LDL tra i maggiori responsabili delle malattie cardiovascolari, nonchè la necessità di riportarlo a valori normali, al fine di ridurre il rischio di contrarre tali malattie.
In linea teorica, qualsiasi metodo andrebbe bene purchè funzioni, ed è per tale motivo che il primo approccio consigliato è sempre quello dietetico, più semplice e meno costoso.
A volte, però, è anche il meno efficace, specie in chi parte da valori di colesterolo LDL alti, con nemmeno una dieta particolarmente ricca di grassi.
Pertanto, voleste fare prevenzione e decideste di seguire quello che la scienza dice, non resta che ricorrere ai farmaci. Si tratta di una famiglia, quella delle statine, cioè i farmaci ipolipemizzanti per eccellenza, sui quali l'industria farmaceutica ha puntato e punta tutt'ora in maniera considerevole.
Premesso che una casa farmaceutica non è un'organizzazione caritatevole nè di beneficienza nè dedita per vocazione al bene del prossimo, bensì un'azienda con le normali politiche tendenti al massimo profitto, premesso parimenti che immettere sul mercato farmaci inutili, o peggio dannosi, non gioverebbe a nessuno, men che meno alla casa farmaceutica stessa (che ha tutto l'interesse a fare le cose bene e a stare ben lontana da cause e risarcimenti), vediamo in sintesi cosa fanno le statine più comuni.
Di statine in commercio ce ne sono parecchie: dalla simvastatina (la più vecchia, meno potente, estratta in origine da sostanze previste dalla Natura; esiste il generico), alla rosuvastatina (la più moderna e potente, tutta di sintesi, di cui non esiste ancora il generico).
Una statina, qualunque essa sia, agisce sul fegato, impedendogli (in misura variabile) di produrre il colesterolo; per far questo blocca un enzima particolare che serve al fegato per fabbricare colesterolo a partire dai precursori.
Detto questo, addentrarci nei meccanismi molecolari e di farmacodinamica ci interessa ben poco. Quello che invece deve essere chiaro è che, a dispetto delle idiozie che si dicono e si scrivono su alcuni giornali o siti Internet, le statine sono tra gli strumenti che più hanno contribuito alla riduzione della mortalità per malattie cardiovascolari.
E ciò, badate bene, lo dicono i numeri (sottolineo: i numeri, non le opinioni), cioè le decine di migliaia di pazienti che, arruolati ormai a partire dai primi anni '80 in innumerevoli studi clinici, hanno rappresentato la testimonianza dei benefici dell'assunzione di tali farmaci.
Ovviamente ognuno è libero di esprimere il proprio parere e di seguire o non seguire quello che le riviste scientifiche dicono; è però inaccettabile che parte di tali critiche provengano da gente che di farmacologia e statistica ne capisce molto poco...
Chi sa leggere i numeri degli studi capisce bene che le statine non fanno miracoli. Non è che assumendole, ci si mette al sicuro da nuovi eventi cardiovascolari o da recidive, nel caso ne avessimo già avuto uno. E' però indubbio che, in un campione statistico, il numero totale di eventi cardiovascolari si riduce: chi prende le statine ha meno infarti, meno angine, meno ospedalizzazioni. Quanto meno? Beh, ovviamente dipende dalla statina, dalle caratteristiche dei pazienti arruolati nello studio e dal numero di anni di osservazione.
In ogni caso, per come la penso io, fosse anche una sola la vita salvata o la qualità di vita migliorata, il gioco varrebbe la candela.
Vediamo allora chi è candidato a tale terapia, cosa deve o non deve fare, quali rischi o effetti indesiderati può attendersi.
Per chi vanno bene le statine?
Per tutti coloro che, avendo scoperto il costo e l'incompleta efficacia dei metodi alternativi, preferiscono lasciare i soldi in farmacia piuttosto che in erboristeria.
Può sembrare una battuta, ma è così. Si vogliono provare i metodi "non farmacologici" per ridurre il colesterolo? Ottimo inizio, personalmente non dimentico mai di consigliarlo ai miei pazienti (solo in prevenzione primaria e in chi è a basso rischio) come scelta iniziale. Scordatevi però il detto "tentare non costa nulla". Costa, eccome! Tanto quanto le statine (che tra l'altro costano in prevenzione primaria, mentre in secondaria li paga il SSN).
Vi siete documentati sugli effetti della frutta secca? della soia? dei fitosteroli? Di flavonoidi, pectine etc?
OK. Bisogna procurarseli, prepararseli (non vorrete comprare tutto già pronto e inscatolato, vero?) e provare. Se sarete riusciti a riportare il colesterolo LDL a valori di sicurezza, molto bene. In caso contrario.... tentativo fallito.
E' bene precisare che questo tipo di approccio, però, deve essere totalmente rivisto in prevenzione secondaria, in quanto non c'è più spazio per scherzare. La prevenzione secondaria (in questo caso della cardiopatia ischemica), cioè quella che riguarda chi ha già avuto un evento documentato (cioè infarto, angina, lesioni angiografiche documentate) deve essere rigorosa e basata su un approccio scientifico incontrovertibile; il perchè è intuitivo: bisogna evitare in tutti i modi una recidiva, in quanto potrebbe essere fatale.
In costoro, secondo le ultime vedute, il livello di colesterolo LDL andrebbe mantenuto a non più di 70 mg/dl. In tal modo, pur non essendo le statine tra i farmaci che fanno miracoli (è più che ovvio che il numero di eventi cardiovascolari non viene azzerato) ci si potrà assicurare una significativa riduzione di complicanze future.
Rischi o effetti indesiderati
Pur essendo le statine farmaci sicuri e assunti da milioni di persone nel mondo, bisogna sempre mantenere l'allerta. Quando creano danni, questi possono essere al fegato o, evento più grave, ai muscoli. Nella maggior parte dei casi i danni sono estremamente limitati, con lievi sofferenze del fegato, documentate da innalzamento delle transaminasi (le GOT e GPT). Ancora più raramente possono verificarsi danni ai muscoli per quanto, in tal caso, il danno è da considerarsi ben più grave, fino ad arrivare all'evento più temibile, la rabdomiolisi.
Alcune considerazioni conclusive
I benefici delle statine sono progressivamente emersi nel corso degli ultimi 30 anni, fino a culminare in alcuni recentissimi studi, che vale la pena citare. Questi studi hanno portato al concetto che "non è necessario avere il colesterolo alto per prendere le statine".
Uno studio, in particolare, avrebbe stravolto (se fosse applicato quotidianamente) le abitudini fin ora acquisite: studiando per 3 anni un campione di popolazione sana, poco fumatrice, poco ipertesa, mai eventi cardiovascolari, e soprattutto con colesterolo LDL non eccessivamente alto (in media l'LDL era inferiore a 130) la rosuvastatina si è rivelata capace di ridurre di circa la metà gli eventi cardiovascolari !
E' indubbiamente un risultato eclatante, talmente eclatante da comportare comprensibili problemi etici, nonchè di spesa sanitaria.
Visti tali benefici, si è provato ad allargare gli orizzonti: ci si è chiesti se le statine potevano servire a prevenire cose che col cardiovascolare c'entrano solo fino a un certo punto. Cioè ictus e ischemia cerebrale. Si era scelta una statina, l'atorvastatina, somministrata ad alto dosaggio (80 mg). Dopo circa 3 anni di osservazione, anche l'atorvastatina si è rivelata in grado di ridurre in maniera significativa (fare molta attenzione al termine statistico "significativa") il numero di ictus ischemici.

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