martedì 6 gennaio 2009

La Fibrillazione Atriale

La fibrillazione atriale è un'aritmia cardiaca molto comune.
Si ha quando una parte del cuore (gli atri) non riesce più a contrarsi perchè l'attività elettrica è del tutto irregolare.
Aumenta con l'età e può essere cronica (stabile nel tempo), parossistica (brevi episodi che si risolvono da soli) o persistente (episodi prolungati, che richiedono cure mediche per essere interrotti). Perchè?
Alla base vi possono essere alterazioni delle valvole del cuore, malattie del muscolo cardiaco (miocarditi, cardiomiopatie), cardiopatie congenite, talvolta infarto miocardico o altri disturbi quali ipertensione, malattie della tiroide, embolia polmonare. Può inoltre essere dovuta all'assunzione di farmaci o di alcol.
Talvolta, specie nei giovani, una causa precisa non c'è (fibrillazione atriale idiopatica).
Cosa comporta
Il rischio principale è la formazione di coaguli all'interno dell'atrio (trombi). Finchè essi rimangono a livello atriale non vi sono conseguenze, però quando parti di essi (emboli) si staccano e vanno in circolo col sangue, possono causare gravi danni: embolia polmonare, ictus cerebrale), infarti intestinali o renali, ischemia acuta di un braccio o di una gamba.
Sintomi
Possono essere estremamente variabili. C'è chi non se ne accorge nemmeno, chi avverte palpitazioni rapide e durature. Altri ancora possono far fatica a respirare (dispnea), si sentono stanchi o accusano dolore toracico. Nei pazienti che già avevano altri problemi cardiaci, l'insorgenza della fibrillazione atriale è una complicanza seria, motivando talora un ricovero d'urgenza.
Come riconoscerla
Se accusate qualcuno dei sintomi precedentemente descritti, basta controllare il polso. Se fosse rapido e irregolare la diagnosi di fibrillazione atriale è molto probabile. Talvolta però il paziente non accusa nessun sintomo e quindi il riconoscimento dell'aritmia può avvenire casualmente, mediante elettrocardiogramma registrato per altri motivi, oppure in occasione di un ricovero per una complicanza della aritmia (ictus).
Cosa fare
Se la fibrillazione è iniziata da poco, diciamo da non più di 48 ore, si può ripristinare senza indugi il ritmo sinusale, perché la probabilità che si siano già formati trombi atriali è bassissima. E' quindi raccomandabile rivolgersi al più presto al Pronto Soccorso, almeno nei casi in cui ci si è accorti dell'inizio della aritmia.
Invece, in caso di riscontro occasionale (caso classico: elettrocardiogramma eseguito nell'ambito di controlli preoperatori, supponiamo per un'ernia inguinale) è necessario instaurare un'adeguata terapia anticoagulante per 3-4 settimane prima di tentare di ripristinare il ritmo sinusale.
Gli anticoagulanti si prendono in compresse, ogni giorno. Per sapere tutto bisogna andare qui
Quali sono le cure migliori?
Il primo accorgimento riguarda il controllo della frequenza cardiaca: se la fibrillazione atriale fa battere tutto il cuore in maniera veloce ed irregolare, alcuni farmaci possono ridurre la frequenza. Se il vostro cardiologo decide per riportare il cuore al ritmo normale (chiamato sinusale) lo può fare somministrando farmaci antiaritmici (cardioversione farmacologica), oppure ricorrendo ad una scossa elettrica mediante il defibrillatore (cardioversione elettrica).
Va precisato che la cardioversione elettrica è una procedura medica che richiede un ricovero, seppur breve, in quanto essendo la scossa elettrica dolorosa, si effettua dopo aver addormentato per qualche minuto il paziente, sotto controllo dell'anestesista
La cardioversione, tuttavia, non è una vera cura della fibrillazione atriale, infatti le recidive non sono rare; altri farmaci, detti antiaritmici, aiutano il mantenimento del normale ritmo.
Molti ospedali, prima di una cardioversione, sottopongono il paziente ad ecocardiogramma transesofageo (è un ecografia del cuore fatta con una sonda infilata in gola), che permette di visualizzare gli eventuali trombi a livello delle camere cardiache (non visualizzabili completamente con l'ecografia transtoracica). Se l'esame risulta nella norma, si può procedere direttamente alla cardioversione.
Se la o le cardioversioni falliscono (evento tutt'altro che raro) si può lasciare il paziente in fibrillazione atriale, con i farmaci adeguati e la terapia anticoagulante orale. Qualora la terapia anticoagulante orale venga ritenuta troppo rischiosa, in sua sostituzione si opterà per farmaci antiaggreganti.
Uno studio molto famoso, recente, ha documentato che non c'è differenza in termini di durata e qualità di vita fra una strategia di trattamento che cerchi di ripristinare e mantenere il ritmo sinusale e una in cui si lasci la fibrillazione atriale, mantenendo una buona anticoagulazione e controllando solo la frequenza cardiaca.
Ablazione
E' un argomento che merita un capitolo a parte, vista la complessità della procedura e le diverse tecniche adottate dai diversi Centri

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Salve a tutti, ho fatto l'alazione per ben 4 volte, l'ultima alle vene polmonari, ho 39 anni e l'ultimo intervento l'ho fatto nel 2000...risultato? Bene per circa 8 anni ed oggi prendo tre cp al giorno di Almarytm per tenerla a bada...secondo me siamo ancora lontani da una cura ben specifica ed adeguata, saluti a tutti ed ai bravi medici.

Anonimo ha detto...

mio padre soffre di fibrillazione atriale parossistica e ahimè da poco sostiene la chimioterapia per un carcinoma allo stomaco.
alla cattolica di Campobasso è stato curato benissimo,tuttavia quanti medicinali.
in bocca al lupo a tutti i cardiopatici.

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