Premessa
Morire investiti è una
tragedia. Quando si è giovani, con ancora una lunga aspettativa di vita, la
tragedia è ancora maggiore. Quando poi
accade non per fatalità, ma per sprezzo delle regole di una società civile,
allora alla tragedia si aggiunge una rabbia incontenibile, con le immagini
della giovanissima vittima che non si cancellano dalla nostra memoria.
Questo blog ha sempre e
solo trattato temi scientifici di cardiologia rivolti al pubblico, pertanto chi
mi legge sa di non trovare riferimenti alla cronaca recente, né alla politica
né al costume.
Ma questa volta, dopo un
ragazzino finito sotto un tram un anno addietro e una giovanissima ragazza
assassinata da un automobilista criminale, devo fare un’eccezione perché penso
che ogni cittadino che si definisca tale, dotato pertanto di una coscienza
civile, debba dare un segnale. Io non sono né un politico né un amministratore
né un giornalista; sono un medico, pertanto vi esporrò alcuni dati tratti da
studi scientifici sui benefici dell’attività fisica quotidiana (nella
fattispecie, tragitto casa-lavoro in bicicletta).
Alcune considerazioni
preliminari: gli italiani all’estero non sono certo famosi per il rispetto
delle regole, lo so, lo vedo, lo percepisco quando parlo con i miei colleghi
stranieri. Sono stato spesso nelle principali capitali europee, e al rientro in
Italia, ho provato vergogna per molte cose che sono sotto gli occhi di tutti.
Chiunque potrebbe dire che l’Italia è unica, patrimonio artistico, cultura,
archeologia millenaria….. ma le cose che fanno di un Paese un posto “bello” per
viverci sono altre: dalle tasse pagate da tutti alle strisce pedonali sacre, da
una classe politica fatta di galantuomini alla certezza della giusta pena per i
criminali e gli assassini a piede libero (vedi sopra), e così via.
Se queste sono le
premesse, l’Italia non poteva certo essere all’avanguardia in tema di traffico
e mobilità urbana cosiddetta “sostenibile”, visto che 1) tranne eccezioni la
volontà politica locale di affrontare drasticamente tali temi è sempre mancata
(vedi piste ciclabili tirate con la riga per terra, tanto per dire che son
state fatte); 2) è parimenti mancata la volontà politica nazionale (vedasi
codice della strada concepito per le auto, che in merito a regole non distingue
tra veicolo motorizzato e a pedali: un senso unico ha una logica per le auto, ma
è inutile per una bici; lo stop per l’auto deve differire da quello della
ciclabile, come infatti è all’estero, con lo stop delle ciclabili davanti a
quello per le auto).
Sarebbe fin troppo facile
citare l’Olanda tutta (non solo le città), ove inviterei i nostri
amministratori a recarsi in pellegrinaggio almeno una volta, mentre emblematico
rimane il caso di Londra, ove per la prima volta l’argomento “rendiamo la vita
molto più facile a chi va al lavoro in bici” è stata seriamente affrontata dal
sindaco, Johnson. In quanto a Parigi, Copenhagen ed in particolare Berlino, si
rimane stupiti dalla capillarità delle piste ciclabili e pertanto da come
vengano sfruttate da tutti, grandi anziani compresi.
Io, da cardiologo che in
città si sposta quasi solo in bici (ma anche felice possessore di un’automobile
per uso extraurbano) non posso affermare che il bambino finito sotto il tram
sarebbe ancora vivo se in questi decenni avessimo avuto un’amministrazione
lungimirante e di calibro europeo (e che pertanto avesse creato una vera rete
ciclabile e una seria dissuasione all’uso dell’auto come nelle migliori
capitali europee, non consentendo certo quello sconcio di parcheggio selvaggio
nella via della tragedia, concausa dell’incidente), perché anche se lo penso,
non è il mio mestiere sindacare di urbanistica e di traffico. Posso solo
cercare di convincere chi mi legge che l’attività fisica di una pedalata
casa-lavoro e viceversa, fa bene, e non solo al cuore.
I benefici dell’attività fisica
Che l’attività fisica sia
da intendersi come una vera e propria medicina è cosa nota, ne ho parlato
dettagliatamente nel mio libro, con particolare riguardo ai benefici sul cuore.
A ben analizzare la
quantità enorme di letteratura, non è solo il cuore a beneficiare di una
regolare attitivà fisica quotidiana, in quanto esistono precise evidenze
scientifiche in merito a riduzione di diabete mellito tipo 2, osteoporosi,
depressione, obesità, carcinoma mammario e carcinoma del retto-colon.
L’evidenza di questo dato
è tale che le più importanti società scientifiche mediche americane (American
Heart Association in testa) hanno pubblicato diversi documenti ove si
raccomanda almeno 30 min al giorno di attività fisica moderata/intensa.
Cerchiamo però di
precisare meglio questo dato di fatto, a partire sempre dal solito punto, la
volontà di fare. A volte si scopre l’acqua calda, è vero, ma a guardar bene si
possono ricavare informazioni preziose. Un gruppo di ricercatori di Harvard
(che non è esattamente una piccola Università di provincia) ha pubblicato un
recente lavoro intitolato “tempo trascorso davanti alla TV, attività fisica e
predisposizione genetica all’obesità” che sembra la scoperta dell’acqua calda
solo a chi lo legge con superficialità o non ha un approccio scientifico alle
cose. Perché chiunque di noi direbbe “embè, muoviti che ti aiuta a dimagrire”,
mentre pochi si renderebbero conto che tale studio per la prima volta documenta
come una precisa predisposizione genetica all’obesità (particolari loci
responsabili dell’aumento dell’adipe, già identificati sui cromosomi) possa
essere contrastata da una abitudine di vita. Tra l’altro, tra tutte le attività
sedentarie, pare che lo stare seduto alla TV sia particolarmente deleterio (in
soggetti predisposti) per il molto basso consumo calorico e per l’introito di
calorie, spesso frequente.
Pertanto, visto che la
maggior parte di noi trascorre la propria giornata in ambiente lavorativo,
quindi trascorre ulteriore tempo negli spostamenti casa-lavoro, una delle
scelte migliori che si potrebbero fare per ottimizzare il lato salutare della
propria vita potrebbe essere la bicicletta come principale mezzo di trasporto
urbano o tra paesi dell’hinterland, situati a distanze “ciclabili” dal centro.
Ed ecco che arriva la
puntuale obiezione: se ci fossero delle ciclabili io andrei al lavoro in bici,
ma non ci sono, pertanto vado in macchina. Già, non siamo nel nord Europa. E
dire che esiste, pensate, uno studio osservazionale che ha analizzato come
cambiano le abitudini di un quartiere ricco e uno povero di Los Angeles, prima
e dopo la costruzione di una nuova pista ciclabile, c0n interessanti risultati,
sia in termini statistici che sociologici; se la risposta delle diverse etnie
ci interessa poco (tematiche americane che esulano dallo scopo di questo
articolo), di grande interesse è invece sapere che quando si dà la possibilità
alla gente di pedalare in sicurezza, i pendolari in bici aumentano, in questo
studio fino al 38% (ma per noi italiani basta andare in città quali Ferrara o
Reggio Emilia).
Abbiamo quindi acquisito
due punti fermi: 1-l’attività fisica fa bene; 2-se si può pedalare in
sicurezza, molti sarebbero invogliati a farlo per un uso quotidiano.
Una legittima obiezione
sarebbe: già, ma la città è inquinata, pertanto se pedalo respiro più veleni.
Malattie cardiovascolari e inquinamento
Quando si parla di
inquinamento, il livello medio di conoscenza è spesso superficiale, si
parlicchia tra un luogo comune e l’altro, e si mette nel calderone tutto, dal
buco dell’ozono (ma che sarà mai?) alle flatulenze dei bovini. Ora, nessuno fa
il chimico-fisico di mestiere, men che meno io, però l’argomento merita un
approccio più scientifico, che potrebbe partire dalla considerazione che le
auto moderne emettono gas e inquinanti di gran lunga (ripeto, di gran lunga)
più contenuti rispetto a una piccola utilitaria di decenni fa.
Ciò premesso, quanti
saprebbero dire che cos’è il famigerato PM10 e da dove origina? PM sta per
Particulate Matter, e si intende l’insieme di microscopiche sostanze nell’aria
che consideriamo inquinanti. Il 10 sta per “al di sotto di 10 micron”, infatti
la pericolosità di particelle cosi piccole sta nel non poter essere bloccate
dalle difese dell’apparato respiratorio. La fonte principale di PM10 è la
Natura: aerosol di sale marino, erosione delle rocce, vasti incendi… ma vi è
anche un importante contributo umano, con i prodotti della combustione (e
quindi gas di scarico). Non appena gli americani si resero conto dei danni
(tangibili) sulla salute, ne ridussero ancor di più i limiti consentiti,
portando a 35 microgr/mc il vecchio limite di 65 (National Ambient Air Quality
Standards NAAQS).
Tanto per rimanere nel
cardiovascolare (tralascio volutamente i danni sull’apparato respiratorio come
tumori, asma e bronchiti croniche), eclatanti sono stati i dati pubblicati da
un gruppo di ricercatori belgi e svizzeri (The Lancet, Volume 377, Issue 9767, Pages 732 - 740, 26 February 2011), i quali si
sono chiesti quali fossero i fattori scatenanti un infarto in soggetti
predisposti, tra inquinamento, emozioni, pasto abbondante, attività sessuale,
esercizio fisico, alcool, cocaina e marijuana; manco a dirlo, l’inquinamento si
è piazzato al primo posto.
È quindi di vitale
importanza una presa di coscienza di tali aspetti, che deve necessariamente
portare ad una modifica (graduale, ovvio) delle abitudini quotidiane, a
cominciare dal chiedersi: se anziché andare dal punto A a B in auto ci andassi
in bici (o con i mezzi, ovviamente, dipende dalla situazione locale), cosa ci
perdo e cosa ci guadagno?
La rivoluzione inglese
Grazie al sindaco Boris Johnson, convinto fautore dell’uso della bici come
mezzo principale di trasporto in città, a Londra si è assistiti ad una graduale
rivoluzione, con concreti interventi a favore della ciclabilità urbana (beati
loro). Il guadagno in termini di stress e inquinamento c’è stato di sicuro, col
traffico già ridotto grazie alla tassa sul traffico della precedente amministrazione
(Congestion Charge), ma bisogna ancora aspettare dati più concreti per capire
l’effettivo risparmio in termini di malattie e vite umane; vi sono già alcuni
studi in merito, che hanno preso in esame il caso di Londra e altri nel mondo (Eur J
Public Health. 2011
Cycling for transport and public health: a systematic review of the effect of
the environment on cycling), i cui risultati non sono ancora ben chiari.
Conclusioni
Il tema della ciclabilità
urbana, qui trattato come modo per aumentare il nostro livello di salute e benessere (che mi
tocca particolarmente da vicino), ha senso solo se facente parte di interventi che
possono essere quanto più ampi vogliate, ma che devono avere come denominatore
comune lo scoraggiare il traffico automobilistico. Ciò non può avvenire
dall’oggi al domani visto che l’auto è stata per decenni al centro delle
politiche del traffico (e i risultati si vedono), con un codice della strada
centrato sull’auto e quindi anacronistico e imbarazzante se paragonato
all’Europa (quanto parlare a vanvera sulle bici in contromano, in Europa è la
regola ovunque, con tanto di divieto di accesso per le auto e sotto il
simboletto della bici con scritto “eccetto” nelle rispettive lingue… a volte
siamo proprio puerili nella nostra ignoranza). Ciò detto, dovranno
necessariamente arrivare dei segnali forti, altrimenti i ragazzi continueranno
a morire sulle strade per colpa di assassini (che non avranno nemmeno la certezza
della pena), e tutti noi continueremo a vergognarci al ritorno da un viaggio in
Europa.
Oltre a ciò di cui si
discute spesso sui giornali e nei comitati di quartiere (come istituire zone
30), ecco alcuni suggerimenti
- La costruzione di parcheggi in città invoglia all’uso dell’auto, limitare la possibilità di parcheggio ai residenti
- Esistono le bici da carico. Una parte delle consegne (certo, una piccola parte) di una grande città potrebbero essere fatte in questo modo, per esempio con agevolazioni fiscali
- Le grandi catene di supermercati potrebbero incentivare l’uso della bici offrendo un piccolo sconto sul totale della spesa a chi dimostra di arrivare in bici, offrendo un parcheggio sicuro (stalli con un serio ancoraggio antifurto): il ritorno di immagine non sarebbe trascurabile; tra l’altro esistono carrelli porta spesa per bici, pieghevoli e per nulla ingombranti
- A proposito di ciclabili (serie, non con la riga per terra, che possono andar bene a Copenhagen, non qui) perché non si dà la priorità alle vie ove ci sono scuole, consentendo ai ragazzi di arrivare in sicurezza?
- Le zone commerciali dovrebbero essere le prime ad essere ciclabilizzate, basterebbe una piccola corsia da ambo i lati, stalli sicuri a intervalli regolari e magari postazioni di bike sharing frequenti, in modo da ridurre il traffico. Vedasi a tal proposito il caso di Corso Buenos Aires, a Milano, famoso per una ristrutturazione di qualche anno addietro, con creazione di marciapiedi larghissimi come una portaerei, ma senza uno straccio di volontà politica di creare qualcosa di lontanamente ciclabile… ovvio che poi a farlo dopo costa, se si fosse fatto durante…. ma scusate, per un attimo credevo di essere in Europa…
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