lunedì 12 dicembre 2011

Forame Ovale Pervio, che roba è ???


Quasi certamente deve essere stata questa la vostra esclamazione, dopo aver appreso i risultati dei primi accertamenti sul caso del calciatore Cassano. Ora che il problema è risolto direi che possiamo trattare l’argomento.
Il forame ovale pervio (che chiameremo PFO, la sigla inglese è “patent foramen ovale”, anche se in realtà la parola è di origine latina) è un buco nel cuore e, posta in questi termini, la cosa potrebbe sembrare alquanto preoccupante. In realtà è normale che tale “buco” ci sia, almeno fino ad un certo momento; dopo, se persiste, possono essere guai, vediamo come.
Come ormai saprete essendo lettori di queste pagine, il cuore di un adulto è fatto da due metà, non comunicanti tra loro. Il sangue refluo da tutto il corpo finisce in atrio destro, quindi in ventricolo destro che lo spinge nei polmoni. Dai polmoni ritorna al cuore prima in atrio sinistro e quindi in ventricolo sinistro, che lo spinge nuovamente in tutto il corpo attraverso l’aorta. Le due metà di cuore non comunicano tra loro, pena conseguenze gravi. Ma esiste un momento in cui invece devono comunicare, ed è quando i polmoni non sono ancora pronti. Infatti, prima di nascere non si respira, i polmoni sono inattivi in quanto l’ossigeno arriva dalla placenta, tramite la vena ombelicale. Questo buco, cioè questo setto che non è ancora completamente formato e che pertanto non sigilla i due atri, consente al sangue di “saltare” i polmoni, e rimane aperto anche perché la pressione maggiore è dalla parte dell’atrio destro, cioè da dove arriva il sangue. Alla nascita, con i primi respiri, i polmoni iniziano a funzionare e le pressioni all’interno del cuore cambiano (il discorso è u po’ lungo, nella metà sinistra aumentano), quindi questo buco (che in realtà è una fessura) si sigilla perché, dal versante sinistro, l’aumento di pressione forza i due lembi che lo formano ad appiattirsi, e il passaggio di sangue non avviene più.In alcuni adulti può succedere che tutto questo non avviene in maniera completa, pertanto rimane un certo passaggio di sangue: questo è il PFO, col quale si può convivere per decenni senza sintomi, fino a quando un qualcosa fa aumentare la pressione dall’altra parte, forzando nuovamente la fessura e consentendo il passaggio, oltre al sangue, anche di coaguli più o meno piccoli che possono essersi formati nelle vene periferiche da qualche parte. Cosa può essere questo “qualcosa” che forza il passaggio? Per esempio aumento della pressione intratoracica come tosse o starnuti violenti, o defecazione. Sta di fatto che se un coagulo (se ne possono formare di piccoli, ma di solito finiscono senza disturbi nei polmoni) passa a sinistra può causare guai grossi, bloccandosi in una qualsiasi arteria (ictus ischemico o embolie periferiche).
A tal proposito non bisogna pensare che una ischemia cerebrale (o ictus) si manifesti nel modo più grave e più noto, cioè con una paralisi o paresi che insorge improvvisamente. Esistono tanti altri sintomi apparentemente più subdoli, che possono condividere tale causa comune, come per esempio una improvvisa sordità o cecità, improvvisa difficoltà a deglutire o a parlare (disartria), nonché transitoria perdita di coscienza.
 Un PFO non solo può non dare sintomi, ma può anche non dare segni: non sempre c’è il soffio cardiaco, pertanto per scoprirlo bisogna sospettarlo e poi sottoporsi ad esami mirati, a cominciare dall’ecocardiogramma eventualmente anche transesofageo, nonché a risonanza magnetica.
Dopo accurata valutazione, da parte di cardiologi particolarmente esperti nel trattare tale aspetto del cuore, si può chiudere definitivamente tale anomalia applicando (senza intervento chirurgico, solo da una vena femorale) una specie di piccolo duplice “ombrellino” fatto di particolari leghe metalliche, che chiude la comunicazione anomala, con rischi di fallimento della procedura di applicazione (in mani esperte) ormai molto bassi.

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